I grandi fatti della storia che influenzano il nostro presente

È cominciato, su Runtime Radio (www.runtime.it), un podcast dal titolo Delenda Carthago, curato da Roberto Tomaiuolo (Movimento Roosevelt Triveneto e socio fondatore di Movimento Roosevelt) e prodotto da Simone Pizzi.

Conoscere la storia contemporanea ci permette di comprendere più a fondo eventi attuali, scelte politiche e strategiche, scelte economiche, sociali e culturali del nostro paese.

Delenda carthago

Ceterum censeo Carthaginem delendam esse, diceva al Senato Romano Catone il Vecchio al termine di ogni discorso, indipendentemente dall’argomento, per esprimere la sua convinzione che Cartagine rappresentasse un pericolo troppo grande per essere ignorato. Morirà prima di vedere il suo auspicio realizzato con la terza guerra punica. Quello che mi ha colpito di questa frase, poi abbreviata in Carthago delenda est, ed infine, in Delenda Carthago, e’ l’importanza delle convinzioni e dell’ostinazione anche di un uomo solo (o di un ristretto gruppo), nello svolgersi della storia. E vedremo come in moltissimi eventi che analizzeremo, uomini soli, a volte imprevisti e pure inizialmente improbabili, abbiano influito in modo determinante, nel bene e nel male.

Con lo Staff di Runtime Radio, una delle prime radio e organizzazioni che operano sul Web per contenuti digitali audio in Italia e che già ospita molti podcast di grande interesse e vari argomenti, abbiamo pensato di creare un nuovo programma di storia contemporanea e cultura. Il programma tratterà periodi storici, eventi e personaggi, principalmente, ma non solo, di storia contemporanea. Sarà una trasmissione con alcuni estratti originali, quando la trattazione lo consente.

L’intento è quello di stimolare una ricerca personale su alcuni argomenti che riteniamo meritevoli di approfondimento, più che di essere un progetto “didattico” come ne esistono molti.

I link per ascoltare gli episodi sono pubblicati sulle pagine e profili social del Movimento Roosevelt e il blog di Movimento Roosevelt Triveneto si associa a questa interessante iniziativa.

Tredici Giorni alla Mezzanotte

Partiamo dalla prima puntata che ha visto l’avvio l’11 maggio: Tredici Giorni alla Mezzanotte.

Oggi rievochiamo un avvenimento degli anni Sessanta, che ha per protagonisti John Fitzgerald Kennedy, Fidel Castro e Nikita Kruscev. Questo episodio si inserisce in quella che è stata la cosiddetta “Guerra Fredda”, che fu una lotta politica tra il mondo occidentale, rappresentato dagli Stati Uniti e dagli alleati della NATO, e il blocco orientale, capeggiato dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e i suoi alleati.

Più o meno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945 e almeno fino al 1991, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno gareggiato l’uno contro l’altro per dimostrare la superiorità del sistema politico-economico di ciascuno: democrazia e capitalismo contro autoritarismo e comunismo. Tuttavia, hanno gareggiato attraverso conflitti per procura, sia politici (sostenendo i partiti democratici o comunisti), economici (fornendo aiuti allo sviluppo), o militari (sostenendo le forze opposte nel “Terzo Mondo”). Inizialmente, le superpotenze si concentrarono sull’Europa del secondo dopoguerra, mentre cercavano di conquistare gli stati al loro fianco.

Mentre la guerra fredda progrediva e le linee di divisione in Europa si consolidavano, le superpotenze si concentrarono sempre più sul mondo in via di sviluppo in Sud America, Asia e Africa. E sull’isola di Cuba, da poco protagonista della rivoluzione che rovesciò il dittatore Fulgenzio Batista.

Oggi parleremo, in particolare, di 13 giorni del 1962 che avrebbero potuto causare la fine del mondo come lo conosciamo oggi a causa di un conflitto nucleare. Tale catastrofe è stata molto più vicina di quanto si sia soliti pensare e raccontare, e molti passaggi cruciali hanno rischiato di rappresentare un punto di non ritorno, spesso nelle mani di singoli funzionari o militari in entrambi i campi.

JFK trasformerà la crisi più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel più clamoroso successo della sua amministrazione, che per la verità non aveva particolarmente brillato sino a quel momento. O almeno questo è quello che è stato raccontato per molti anni. Ma, forse, le cose non andarono proprio così, e, come spesso accade, la storia è molto più complessa…

16 ottobre

Alle 8:45 del 16 ottobre 1962, il consigliere per la sicurezza nazionale George Bundy avvertì il presidente Kennedy che una grande crisi internazionale era alle porte.

Due giorni prima un aereo di sorveglianza militare U-2 degli Stati Uniti aveva scattato centinaia di fotografie aeree su Cuba.

Gli analisti della CIA avevano decifrato nelle immagini la prova definitiva che una base missilistica nucleare sovietica era in costruzione vicino a San Cristobal, a solo 90 miglia di distanza dalla costa americana.

Lo scontro di gran lunga più pericoloso della Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica stava per cominciare.

Iniziano i tredici giorni che segnano il periodo più pericoloso della crisi dei missili cubani, e probabilmente del nostro pianeta, di sempre.

Il presidente Kennedy e i principali funzionari della politica estera e della difesa nazionale vengono informati di quanto scoperto dall’U-2. Iniziano le discussioni su come rispondere alla minaccia.

Da principio vennero considerate solo due alternative: un attacco aereo e l’invasione, o una quarantena navale con la minaccia di ulteriori azioni militari. La risposta solo diplomatica venne scartata immediatamente come troppo debole.

Per evitare di suscitare preoccupazione nell’opinione pubblica, il presidente Kennedy mantenne invariato il suo programma ufficiale, incontrandosi periodicamente con i consiglieri per discutere lo stato degli eventi a Cuba e le possibili strategie.

17 ottobre

Le unità militari americane iniziano a spostarsi nelle basi nel sud-est degli Stati Uniti.

Il presidente Kennedy, intanto, continua con la sua agenda normale in attesa di decidere una linea d’azione e per non spargere il panico, partecipa infatti a una breve funzione religiosa, successivamente dopo pranza con il principe ereditario Hasan di Libia, poi fa una visita politica nel Connecticut a sostegno dei candidati democratici al Congresso.

18 ottobre

Il presidente Kennedy riceve la visita del ministro degli esteri sovietico Andrei Gromyko, che afferma che l’aiuto sovietico a Cuba è puramente difensivo e non rappresenta una minaccia per gli Stati Uniti.

Kennedy, senza rivelare ciò che sa dell’esistenza dei missili, legge a Gromyko il suo avvertimento pubblico del 4 settembre che “gravissime conseguenze” sarebbero seguite se fossero state introdotte a Cuba armi offensive sovietiche.

19 ottobre

Il presidente Kennedy parte per un viaggio programmato per la campagna elettorale per il congresso in Ohio e Illinois. A Washington, i suoi consiglieri continuano intanto il dibattito sulla linea d’azione necessaria e più appropriata.

20 Ottobre

Kennedy torna improvvisamente a Washington e dopo cinque ore di discussione con i più stretti consiglieri decide sulla imposizione del blocco navale. I piani per il dispiegamento delle unità navali vengono elaborati e si inizia a lavorare su un discorso per avvisare il popolo americano.

21 Ottobre

Dopo aver partecipato alla messa nella chiesa di Santo Stefano con la moglie, il presidente incontra il generale Walter Sweeney del Tactical Air Command che gli dice che un attacco aereo non può garantire la distruzione al 100% dei missili, e quindi in caso di invasione americana e’ possibile che i missili cubani vengano effettivamente lanciati.

22 Ottobre

Il presidente Kennedy telefona agli ex presidenti Hoover, Truman e Eisenhower per aggiornarli sulla situazione.

Continuano le riunioni per coordinare tutte le azioni. Kennedy istituisce formalmente il Comitato Esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale (il famoso Excomm) e gli ordina di riunirsi quotidianamente durante la crisi. Kennedy informa il gabinetto e i leader del Congresso sulla situazione.

Kennedy informa anche il primo ministro britannico Macmillan della situazione per telefono.

Egli poi scrive a Nikita Kruscev, segretario del PCUS, prima di rivolgersi al pubblico americano in diretta televisiva: … Non ho dato per scontato che lei o qualsiasi altro uomo sano di mente possa, in questa era nucleare, far precipitare deliberatamente il mondo in una guerra che è chiarissimo nessun paese potrebbe vincere e che potrebbe solo avere conseguenze catastrofiche per tutto il mondo, compreso l’aggressore.

Alle 19:00 Kennedy parla in televisione, rivelando al mondo le prove della presenza dei missili sovietici a Cuba e chiedendo la loro rimozione.

Annuncia anche l’istituzione di una quarantena navale intorno all’isola finché l’Unione Sovietica non accetterà di smantellare i siti missilistici e di assicurarsi che nessun altro missile venga spedito a Cuba. Circa un’ora prima del discorso, il segretario di Stato Dean Rusk notifica formalmente all’ambasciatore sovietico Anatoly Dobrynin il contenuto del discorso del presidente.

23 Ottobre

L’assistente segretario di Stato per gli affari interamericani Edwin Martin cerca una risoluzione di sostegno da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani.

L’ambasciatore alle Nazioni Unite Stevenson presenta la questione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Le navi della flotta navale in quarantena si posizionano intorno a Cuba. I sottomarini sovietici minacciano la quarantena spostandosi nella zona dei Caraibi. Le navi da carico sovietiche dirette a Cuba con forniture militari si fermano in acqua, ma la petroliera Bucarest continua la navigazione verso Cuba. La sera Robert Kennedy incontra l’ambasciatore Dobrynin all’ambasciata sovietica cercando una soluzione. Robert Kennedy sarà una figura importante tanto quanto JFK in questa crisi.

Dopo che l’Organizzazione degli Stati Americani ha approvato il blocco navale, il presidente Kennedy chiede a Kruscev di fermare qualsiasi nave russa diretta a Cuba. La più grande preoccupazione del presidente è che una nave della marina americana sarebbe altrimenti costretta a sparare su una nave russa, potenzialmente scatenando una escalation e una guerra tra le superpotenze.

Il presidente Kruscev risponde indignato alla lettera del presidente Kennedy del 23 ottobre affermando tra l’altro:

“Lei, signor Presidente, non sta dichiarando una quarantena, ma piuttosto sta ponendo un ultimatum e minaccia che se non cediamo alle sue richieste lei userà la forza. Consideri quello che sta dicendo! E volete convincermi ad acconsentire a questo! Cosa significherebbe accettare queste richieste? Significherebbe guidare se stessi nelle relazioni con gli altri paesi non con la ragione, ma sottomettendosi all’arbitrio. Voi non vi appellate più alla ragione, ma volete intimidirci”.

Sapendo che alcuni missili a Cuba erano ormai operativi, il presidente americano redige personalmente una lettera al premier Kruscev, esortandolo nuovamente a cambiare il corso degli eventi.

Nel frattempo, le navi da carico sovietiche girano su se stesse e tornano verso l’Europa. La Bucarest, che trasporta solo prodotti petroliferi, è autorizzata a passare la linea di quarantena.

Il segretario generale dell’ONU U Thant chiede un periodo di raffreddamento, che viene rifiutato da Kennedy perché lascerebbe i missili sul posto e consoliderebbe lo status quo.

Durante il dibattito nel Consiglio di Sicurezza, il normalmente cortese ambasciatore americano Adlai Stevenson affrontò aggressivamente il suo omologo sovietico alle Nazioni Unite Valerian Zorin con prove fotografiche dei missili a Cuba.

24 Ottobre

Una nave da carico sovietica viene fermata sulla linea di quarantena e perquisita alla ricerca di forniture militari di contrabbando. Non ne viene trovato nessuno e la nave è autorizzata a procedere verso Cuba.

Intanto ulteriori prove fotografiche mostrano la costruzione accelerata dei siti missilistici e lo sganciamento dei bombardieri sovietici IL-28 nei campi d’aviazione cubani.

John Scali, reporter della ABC News, viene avvicinato da Aleksander Fomin dello staff dell’ambasciata sovietica con una proposta di soluzione della crisi.

Più tardi, una lunga lettera di Kruscev a Kennedy fa un’offerta simile: rimozione dei missili in cambio della rimozione della quarantena e dell’impegno che gli Stati Uniti non invaderanno Cuba.

Una seconda lettera da Mosca che richiede condizioni più dure, compresa la rimozione dei missili Jupiter obsoleti dalla Turchia, viene ricevuta a Washington.

Nei cieli cubani, intanto, un aereo americano U-2 viene abbattuto da un missile terra-aria fornito dai sovietici e il pilota, il maggiore Rudolph Anderson, viene ucciso. Si verrà poi a sapere che Kruscev non aveva autorizzato attacchi contro gli aerei USA, ma il vicecomandante sovietico a Cuba agì di propria iniziativa. Fidel Castro a questo punto era convinto che gli Stati Uniti avrebbero lanciato un’invasione, e quindi chiese esplicitamente a Nikita Kruscev di attaccare per primo, aggiungendo che Cuba sarebbe stata disposta a sacrificarsi (visto che sarebbe stata letteralmente cancellata dal mondo), per la vittoria del comunismo. In questa fase storica emerge ancora il profondissimo astio di Castro verso gli Stati Uniti, che è stato importantissimo nella storia cubana e mondiale (ricordiamo che Fidel non si era mai detto comunista anche nei primissimi tempi dopo la rivoluzione, come pure la maggioranza dei movimenti rivoluzionari, al contrario di suo fratello Raul e del Che Guevara, ma approfondiremo questi temi in un’altra puntata)

Il presidente Kennedy scrive una lettera alla vedova del maggiore dell’USAF Rudolf Anderson, Jr., porgendole le sue condoglianze e informandola che il presidente Kennedy gli conferisce la Distinguished Service Medal, postuma.

In una tesa riunione del Comitato Esecutivo, il presidente Kennedy resiste alle pressioni per un’immediata azione militare contro i siti antiaerei sull’isola cubana. In diversi punti della discussione, Kennedy comprende che la rimozione dei missili americani in Turchia dovrà essere parte di un accordo globale negoziato.

Alla fine, il Comitato decide di ignorare la lettera di sabato da Mosca e di rispondere favorevolmente al più conciliante messaggio di venerdì. Squadriglie di trasporto truppe della US Air Force vengono richiamate al servizio attivo nel caso sia necessaria un’invasione.

Più tardi quella notte, Robert Kennedy incontrò segretamente l’ambasciatore Anatoly Dobrynin. Essi raggiungono un’intesa di base: l’Unione Sovietica ritirerà i missili da Cuba sotto la supervisione delle Nazioni Unite in cambio di un impegno americano a non invadere Cuba.

In un ulteriore accordo che però sarebbe rimasto segreto, gli Stati Uniti accettano di rimuovere alla fine i missili Jupiter dalla Turchia.

Su questo punto aggiungiamo una cosa di cui non si parla mai ancora oggi, cioè del fatto che si promise anche la rimozione dei missili Jupiter in Puglia, nelle Murge.

L’amministrazione USA non svelò mai apertamente questo ulteriore accordo, e il governo Fanfani finse di non conoscerlo, pur essendone a conoscenza, accettando in seguito la rimozione dei missili come un semplice “aggiornamento” di materiale vetusto.

(Va ricordato che, dal punto di vista strategico, la presenza dei missili e la necessaria autorizzazione congiunta per il loro utilizzo, metteva, di diritto, l’Italia in un circolo ristretto di nazioni importanti a cui non avrebbe altrimenti avuto accesso). Taluni ritennero che il comportamento italiano abbia favorito in modo determinante la non-opposizione di Kennedy al centro-sinistra ed in particolare all’alleanza DC-PSI.

Radio Mosca annuncia, con una vera corsa contro il tempo per rispettare l’ultimatum americano, dove il comunicato venne portato per le strade di Mosca di corsa, e l’emissario del Cremlino che rimarrà bloccato nell’ascensore del palazzo della radio e che dovrà passare la dichiarazione da leggere attraverso una grata, che l’Unione Sovietica ha accettato la soluzione proposta e rilascia il testo di una lettera di Kruscev che afferma che i missili saranno rimossi in cambio di un impegno di non invasione da parte degli Stati Uniti.

Finiscono così i tredici giorni che segnano il periodo più pericoloso della crisi dei missili di Cuba.

Analizziamo ora alcuni aspetti di geopolitica:

Perché l’Unione Sovietica ha messo i missili a Cuba, non potendo non immaginare la reazione degli Stati Uniti?

Vi sono due motivi principali:

Il primo: per aumentare il potere dell’Unione Sovietica, minacciando gli Stati Uniti con un attacco nucleare dai Caraibi

Il secondo: per rafforzare la posizione negoziale dell’Unione Sovietica nei suoi tentativi di forzare Berlino Ovest ad unirsi alla Germania Est. Krusciov pensava che Washington avrebbe potuto scambiare la rimozione dei missili sovietici da Cuba con il ritiro della NATO da Berlino Ovest.

Altre ragioni includevano la difesa di Cuba dall’invasione americana e il rafforzamento del prestigio sovietico.

Perché i sovietici ritirarono i missili?

Le ragioni per cui Krusciov ritirò i missili da Cuba sono ancora un po’ incerte.

Gli studiosi concludono che due fattori principali erano in gioco nella decisione sovietica: (1) Kruscev sapeva che la guerra per Cuba avrebbe potuto rapidamente degenerare in una guerra nucleare che avrebbe distrutto entrambe le superpotenze e (2) il governo sovietico ottenne ciò che Kruscev comunque considerava concessioni significative dagli Stati Uniti: l’impegno a non invadere Cuba e a rimuovere i missili americani dalla Turchia (e, abbiamo visto, dall’Italia).

Contatti

Link per l’episodio: https://www.spreaker.com/user/runtime/dc-1×01-mixdown – Link per la serie: https://www.spreaker.com/show/delendacarthago – Email per interloquire con noi: delendacar@gmail.com – Twitter: @DelendaCarthag7

Articolo di Roberto Tomaiuolo

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