“DIVIDE ET IMPERA” nella peggiore delle declinazioni possibili: e se la causa fossimo noi?

“DIVIDE ET IMPERA” nella peggiore delle declinazioni possibili: e se la causa fossimo noi?

Si dipana lungo la storia secolare dell’umanità la regolare applicazione del paradigma della divisione delle masse al fine di mantenere saldo il potere: la minaccia di un nemico comune, sia esso reale o creato ad hoc, facilita la creazione e rafforza l’esistenza, ineluttabilmente, del sentimento di coesione di un determinato gruppo.

Fondamentalmente un sentimento, derivante dalla paura, che ha permesso all’uomo di creare comunità collaborative che ne hanno permesso la sopravvivenza e ne hanno perpetrato discendenza, tradizioni  e cultura: quello stesso sentimento che ha però creato, pure, false dicotomie, causando tragedie umane, politiche e sociali.

I grandi esempi della storia

Non serve andare troppo lontano dai giorni nostri per trovarne esempi lampanti: ancora nel presente si sente riecheggiare il mai sopito conflitto ”comunisti-fascisti” che dal secondo dopoguerra ha accompagnato le militanze di gruppi parlamentari, circoli, luoghi di aggregazioni, intere vite…

Possiamo pensare all’imperante e netta, formale e definitiva, divisione del mondo tra i due blocchi del “Patto Atlantico” e del “Patto di Varsavia”, che nel parossismo dei giorni della seconda metà dell’ottobre del ’62, portò il pianeta sull’orlo dell’autodistruzione.

Per non parlare dell’ipermediatico solco scavato nei primi due decenni del 2000, a partire dalla tragedia dell’11 settembre 2001: mondo occidentale democratico e civilizzato contrapposto ad un mondo musulmano barbaro, arretrato e costellato di tagliateste.

L’applicazione odierna

Ed oggi siamo alle solite, un continuo portare alla divisione estreme le masse, ma con una netta, sostanziale, subdola e potenzialmente pericolosissima differenza: la divisione si sta insinuando tra le case, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di svago, e sta minando alle fondamenta famiglie, gruppi di lavoro affiatati, amicizie, l’intero tessuto sociale. Stiamo chiaramente riferendoci all’ormai insostenibile, ridondante e assolutamente fuori luogo scisma tra NO-VAX e PRO-VAX.

Badiamo bene, stiamo parlando di posizioni per la maggior parte basate su dogmatismi scientifici, con i loro guru e il loro “odio” per l’altra fazione, incorporato. Consentendoci un po’ di sdrammatizzare e alleggerire la riflessione , in Italia ci sono circa 400 mila medici iscritti all’albo e 450 mila infermieri: su una popolazione di circa 50 milioni di abitanti maggiorenni, aggiungendo “a chi dovrebbe saperne” (medici+infermieri) qualche ben informato e documentato, possiamo tranquillamente concederci la stima per cui  49 persone su 50 parlano “per sentito dire”!

Una necessaria pausa di riflessione

E qui che dobbiamo fermarci e ragionare, ASSIEME, smettendo di farci scudo delle nostre teorizzazioni: stiamo infilandoci, testa bassa, in un drammatico e, probabilmente, irreversibile processo di disgregazione sociale; indipendentemente da torto o ragione, giusto sbagliato, ragionamento corretto o fallace, BASTA! Non può e non dev’essere più questo il terreno di confronto/scontro. Lo ripetiamo ancora e lo ripeteremo allo stremo e alla nausea: stiamo disfacendo a passi da gigante il senso stesso dell’esistenza della nostra comunità, le fondamenta del vivere in comune, l’innato senso umano della solidarietà e del reciproco supporto.

Stiamo permettendo che bimbi di 12-13-14 anni, vivano un senso di colpa completamente fuori dalla loro portata, di uomini ancor solo in potenza: perché i loro genitori, in tutta coscienza, magari pure loro stessi vaccinati , hanno deciso di temporeggiare di fronte alla scelta del vaccinare il figlio, in attesa di valutare rischi/vantaggi. Così pensiamo di far mettere a tutta la classe la mascherina, colpevolizzando innocenti e inconsapevoli ragazzi, facendo al contempo rafforzare il senso di branco rabbioso tra coloro che invece in quei loro coetanei, fino a ieri amici fraterni e compagni, vedono idealizzare e prender forma il nemico, il diverso.

Fermiamoci, respiriamo profondamente, chiediamoci, guardandoci negli occhi, tutti, nessun escluso: è questo quello che vogliamo per i nostri tanto amati figli?

Io credo proprio che nessun genitore, che tal può definirsi, possa indugiare di fronte a questa semplice ma potentissima domanda.

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità.

Toro Seduto

La responsabilità di ogni uomo e cittadino

E allora è ora di agire per invertire la rotta, perché il “divide et impera”, che da tanti secoli permette di regnare sulle masse, sfruttando la leva dell’irrazionalità, lo edifichiamo e fortifichiamo noi, quotidianamente, con le nostre parole, soprattutto con quelle che non pronunciamo, con le nostre azioni, ma soprattutto con la nostra ignavia. Iniziamo a demolire le illusioni nebulose delle divisioni a partire da noi stessi e dalle nostre menti, sfruttando tali contrapposizioni e rendendole principio creante del più elevato rango.

Da troppi giorni procediamo, oramai, con il mantra del “sacrificio per il bene comune”: forse dovremmo iniziare a ragionare e costruire il domani, sostituendo “bene comune” con “bene per tutti e per ognuno”.

Leggi anche Il cittadino sovrano.

Articolo di Samuele Guizzon

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